Sono stata in spiaggia oggi. Davanti a me il
mare. E quel rumore di onde e di gabbiani. E quel odore salato e carica d’ossigeno.
A me il mare m’ha sempre dato una sensazione di pace, di armonia. Ora,
guardando quel mare, e questa riva, e quei bambini con la palla che giocano,
lungo la mia guancia scorrono lacrime salate e amare. Perché quel mare che
bagna questa mia terra è lo stesso che ha portato sulla riva di una cittadina
turca cadaveri di uomini, donne e bambini morti, è lo stesso mare che accoglie
le salme di migliaia di vittime. Vittime non solo di guerre, ma vittime di un
Mondo che non li vuole, vittime e ultimi, in un Mondo dove la classificazione
gerarchica degli uomini emerge ancora e con violenza. Quel mare che per noi
abitanti di una cittadina turistica è fonte di guadagno, per i più significa
via di fuga, per molti significa salvezza, per troppi significa morte. Tornata
a casa, accendo il computer, ed ecco la foto del piccolo siriano morto disteso
sulla riva di una cittadina turca. Un brivido di paura e orrore mi ha scossa. I
giornali titolano che il Mondo dinnanzi a tale immagine ha taciuto, il Mondo ha
avuto pena e pietà di quel bambino. Il suo innocente corpicino ha scosso i
cuori di chi fino ad oggi non è stato minimamente scosso. Ma serviva la sua
morte prima che il Mondo tacesse? Serviva l’ennesimo bambino siriano ucciso per
parlare di un paese che è capace di dirsi sensibile? Il Mondo in realtà tace d’indifferenza,
il Mondo crudelmente accetta la classificazione gerarchica di questo sistema, e
in questo modo la bellezza svanisce, l’umanità cessa di esistere. Perché quella
che stiamo vivendo noi qui oggi è la guerra dei poveri contro i ricchi, è la
guerra dei disperati, dei senza speranza, dei rifiutati e c’è chi si permette
ancora di pensarli inferiori a noi, diversi da noi perché sono nati dall’altro
lato del mediterraneo. Questa Europa si dice salda, eppure lascia che lunghi
muri di filo spinato vengano costruiti lungo le proprie frontiere per bloccare
il passaggio, lascia che stazioni ferroviarie vengano prese d’assalto, lascia
che la polizia nazionale carichi su uomini, donne e bambini indifesi, lascia
che si marchino persone con il pennarello, lascia che l’unico sistema per
attraversare il mediterraneo è quello di appellarsi ai trafficanti, e lasciando
che tutto questo si compia, pur di difendere la propria sicurezza, mostra la
propria porosità, la propria fragilità. Per rispondere alla
solita domanda di questi giorni " dove cazzo li mettiamo tutti",
sinceramente ancora proprio non lo so. Però ho paura che forse non ci stiamo
rendendo conto, che a furia di porci questa domanda senza trovare delle
soluzioni vere e immediate, che non possono consistere a mio parere né in una
guerra alla Libia, né nella costruzioni di ulteriori barricate, stiamo
lasciando che si compi un vero e proprio genocidio, una seconda Auschwitz
proprio davanti e sotto i nostri occhi. Io
non so come molti riescano a guardare a chi arriva come esseri diversi da noi.
Io spero davvero che certe immagini riescano a raggiungere i vostri cuori, la
vostra umanità. Io spero che ognuno di noi, oggi, domani e nei prossimi giorni
prima di prendersela con l’extra comunitario, faccia uno sforzo di empatia, uno
sforzo di umanità e si metta nei suoi panni, si chieda semplicemente “cos’avrei
fatto io al suo posto” . Se non siete capaci nemmeno di questo, se un uomo non è
più in grado di mettersi nei panni dell’altro uomo allora vuol dire che non v’è
più salvezza per l’umanità e non vi è alcun vincitore in questa assurda guerra,
ma solo sconfitti.
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